La legge di Bilancio 2025 introdurrà una serie di modifiche significative alla struttura delle buste paga dei lavoratori italiani.
Queste modifiche sono cruciali per tutti i lavoratori, poiché influenzeranno direttamente il reddito netto mensile. È fondamentale, quindi, essere ben informati su queste novità per evitare spiacevoli sorprese sul proprio stipendio.

Le modifiche alla busta paga per il 2025 evidenziano l’importanza di comprendere le nuove regole fiscali e contributive per evitare sorprese e gestire al meglio il proprio bilancio familiare. Con il passaggio della legge in Parlamento, potrebbero esserci ulteriori cambiamenti, ma è fondamentale che i lavoratori siano già pronti a queste nuove dinamiche.
Busta paga, come cambia dal 2025
Una delle prime modifiche riguarda i contributi in busta paga. Nel 2025, a parte le lavoratrici che beneficiano del bonus mamme, la quota di contributi a carico del lavoratore tornerà ad essere versata per intero, anche per i redditi fino a 35.000 euro. Questo significa che lo sgravio contributivo, che riduceva l’aliquota per i redditi fino a 2.692 euro lordi mensili, sarà eliminato. Di conseguenza, i lavoratori del settore privato vedranno applicarsi un’aliquota contributiva del 9,19%, mentre per quelli del pubblico impiego sarà dell’8,80%. Tuttavia, questa maggiore pressione contributiva sarà compensata da una riduzione dell’imposta sul reddito, grazie all’introduzione di un nuovo trattamento integrativo e alla maggiorazione delle detrazioni.

Per quanto riguarda l’Irpef, la legge di Bilancio 2025 mantiene le aliquote vigenti nel 2024. Pertanto, i lavoratori continueranno a pagare il 23% di imposta per la parte di reddito fino a 28.000 euro, il 35% per i redditi tra 28.001 e 50.000 euro, e il 43% per le somme che superano i 50.000 euro. Non ci sarà, almeno per il momento, alcuna riduzione dell’aliquota del secondo scaglione, nonostante le iniziali ipotesi di un taglio al 33%.
Le detrazioni e i bonus rappresentano un altro aspetto chiave della busta paga 2025. La soglia di reddito sotto la quale l’Irpef viene completamente azzerata rimane a 8.500 euro annui. Sopra questa soglia, si applicano detrazioni da lavoro dipendente, con importi variabili in base al reddito. Le detrazioni variano da 1.955 euro per redditi fino a 15.000 euro, a zero per quelli sopra i 50.000 euro. Inoltre, viene mantenuto il trattamento integrativo (ex bonus Renzi) di 100 euro netti al mese per i redditi tra 8.175 e 15.000 euro.
Per i redditi non superiori ai 20.000 euro, viene introdotto un ulteriore trattamento integrativo, simile a un “bonus Meloni”, che varia dal 4,8% al 7,1% del reddito. Questo potrebbe tradursi in un importo aggiuntivo mensile di circa 80 euro netti. Anche per i redditi tra 20.000 e 40.000 euro, si prevede una maggiorazione delle detrazioni sul reddito, con una formula che può portare a un bonus mensile di circa 83 euro.
Un cambiamento significativo riguarda le detrazioni per i figli a carico. La nuova normativa cancella le detrazioni per i figli a carico che abbiano superato i 30 anni, salvo il caso di figli disabili. Inoltre, la detrazione per altri familiari a carico sarà concessa solo per ascendenti conviventi, con un importo massimo di 750 euro l’anno. Questa modifica potrebbe comportare un aumento dell’Irpef dovuta e una conseguente riduzione dello stipendio netto per molti lavoratori.
Le lavoratrici madri, tuttavia, potranno beneficiare di un trattamento preferenziale. Il bonus mamme sarà ancora disponibile, con uno sgravio contributivo fino a 3.000 euro l’anno per coloro che hanno due figli (almeno uno sotto i 10 anni) o tre figli (almeno uno minorenne). Tuttavia, per redditi fino a 35.000 euro, questo sgravio sarà applicato in misura ridotta, data l’aliquota contributiva già abbassata dal taglio del cuneo fiscale.