Una recente indagine ha evidenziato che il consumo di alimenti ultra-processati da un’accelerazione dell’invecchiamento biologico.
Lo studio, pubblicato su The American Journal of Clinical Nutrition, si basa sull’analisi dei dati raccolti nell’ambito dello Studio Moli-sani, un ampio progetto epidemiologico che da oltre vent’anni monitora oltre 25.000 adulti residenti in Molise.

Gli alimenti ultra-processati (UPF, ultra-processed foods) rappresentano una categoria di prodotti industriali confezionati che subiscono molteplici fasi di trasformazione e contengono numerosi ingredienti aggiunti, come zuccheri raffinati, sale, additivi chimici, coloranti e aromi artificiali. Questi prodotti si discostano notevolmente dalla loro forma originaria e sono spesso caratterizzati da etichette con lunghe liste di componenti poco familiari al consumatore medio. Sono progettati per garantire una lunga conservabilità e sono ampiamente diffusi nella dieta contemporanea.
Tra gli alimenti ultra-processati più comuni si annoverano non solo gli snack salati e dolci confezionati o le bibite gassate, ma anche prodotti apparentemente più innocui come il pane in cassetta confezionato, alcuni tipi di cereali per la colazione, zuppe pronte, piatti surgelati e yogurt aromatizzati. La lavorazione industriale modifica la struttura degli alimenti, alterandone la matrice naturale e riducendone il contenuto di nutrienti essenziali, vitamine e fibre. Inoltre, durante questi processi possono formarsi nuove sostanze che interferiscono negativamente con il metabolismo, favorendo infiammazione cronica e alterazioni del microbiota intestinale.
Un ulteriore elemento di preoccupazione è rappresentato dal packaging degli alimenti ultra-processati, spesso realizzato in plastica o materiali multistrato, che può rilasciare contaminanti chimici come ftalati e bisfenoli, sostanze tossiche potenzialmente dannose per la salute umana.
L’invecchiamento biologico e il ruolo degli alimenti ultra-processati
A differenza dell’età cronologica, determinata dalla data di nascita, l’età biologica riflette lo stato reale di salute di un organismo, considerando la funzionalità degli organi, la salute tissutale e il livello di infiammazione sistemica. Per stimare questo indicatore complesso, i ricercatori dello studio hanno utilizzato una combinazione di oltre trenta biomarcatori ematici, offrendo una valutazione dettagliata del processo di invecchiamento interno.
L’analisi ha rivelato che gli individui con un elevato consumo di cibi ultra-processati presentavano un’età biologica mediamente superiore rispetto alla loro età anagrafica, suggerendo un’accelerazione dell’invecchiamento attribuibile proprio a questi alimenti. Un dato particolarmente significativo è che tale associazione è risultata indipendente dalla qualità complessiva della dieta. In pratica, anche chi seguiva un regime alimentare apparentemente equilibrato – ricco di frutta, verdura e fibre – ma includeva una quota rilevante di alimenti ultra-processati mostrava segni di invecchiamento biologico più rapido.
Questa scoperta sottolinea come non basti valutare solo i parametri nutrizionali tradizionali (calorie, grassi, zuccheri, sale), ma sia necessario considerare anche il grado di trasformazione industriale degli alimenti consumati.

I dati emersi dallo studio, pur richiedendo ulteriori ricerche di tipo interventistico per approfondire i meccanismi biologici coinvolti, rappresentano un importante campanello d’allarme sulle potenziali conseguenze a lungo termine di una dieta ricca di alimenti ultra-processati. La ricerca invita a una revisione delle raccomandazioni alimentari, che dovrebbero includere indicazioni precise sul consumo di cibi minimamente lavorati e freschi, in linea con i principi della Dieta Mediterranea tradizionale.
Educare i consumatori a leggere correttamente le etichette e a riconoscere la vera natura degli alimenti confezionati diventa quindi cruciale per promuovere scelte più consapevoli e sostenibili per la salute.
La dott.ssa Simona Esposito, prima autrice dello studio e vincitrice del Premio “Gianni Barba” per la migliore ricerca scientifica nel campo della nutrizione umana, ha sottolineato come l’alimentazione debba essere considerata non solo una fonte di energia e nutrienti, ma uno strumento in grado di influenzare significativamente la longevità e la qualità della vita. In un contesto di crescente invecchiamento della popolazione, comprendere e limitare i fattori che accelerano il declino biologico rappresenta una priorità per la sanità pubblica italiana.