Il tema delle microplastiche ha acquisito un’attenzione crescente, rivelandosi una delle più grandi sfide del nostro tempo.
Questi piccoli frammenti di plastica, che misurano meno di 5 millimetri, sono presenti ovunque: dall’aria che respiriamo all’acqua che beviamo, fino ai cibi che consumiamo quotidianamente. Un recente studio condotto dall’organizzazione no-profit Ocean Conservancy, in collaborazione con l’Università di Toronto, ha messo in luce la preoccupante diffusione di microplastiche negli alimenti, in particolare quelli di origine animale. Quali sono, dunque, i cibi più contaminati?
Le microplastiche si sono infiltrate nella nostra vita in modi che spesso non possiamo nemmeno immaginare. La loro presenza è stata documentata in vari ambienti, dai mari e oceani fino ai terreni agricoli.
Questo inquinamento è spesso il risultato di pratiche di produzione e consumo irresponsabili, che hanno portato alla dispersione di plastica nell’ambiente. Il fatto che ogni settimana un individuo nei paesi occidentali possa ingerire l’equivalente di una carta di credito è un dato allarmante che richiede un’analisi approfondita.
Le fonti di microplastiche sono molteplici e comprendono non solo i rifiuti plastici diretti, ma anche l’usura di abbigliamento e attrezzature, i prodotti cosmetici e le microfibre rilasciate durante il lavaggio di tessuti sintetici. Questi frammenti possono essere trasportati dal vento e dall’acqua, contaminando così gli alimenti e l’acqua potabile.
Lo studio di Ocean Conservancy e Università di Toronto
Il recente studio ha analizzato 111 campioni di alimenti ricchi di proteine animali, suddividendoli in 16 macrocategorie. I risultati sono stati allarmanti: microplastiche sono state trovate in tutti i gruppi analizzati, con una presenza riscontrata nell’88% degli alimenti esaminati.
Tra i materiali identificati, predominano le fibre tessili sintetiche, i frammenti di plastica rigida e le gomme, spesso di colore blu, nero e grigio. La dimensione media delle microplastiche rinvenute varia tra 0.04 e 2.7 millimetri, dimensioni che rendono difficile la loro rilevazione e rimozione.
Pesce
Il pesce emerge come l’alimento più contaminato da microplastiche. La contaminazione è principalmente dovuta all’inquinamento degli oceani, dove i pesci e i crostacei ingeriscono frammenti plastici presenti nell’acqua. Ecco alcuni dei piatti a base di pesce più contaminati:
- Gamberetti impanati: tra 370 e 580 microplastiche per porzione.
- Bastoncini di pesce: tra 58 e 57 microplastiche.
- Gamberetti bianchi lavorati: tra 54 e 87 microplastiche.
- Gamberetti rosa freschi: tra 49 e 36 microplastiche.
I crostacei, in particolare, risultano i più colpiti, poiché la loro alimentazione include anche detriti presenti sul fondo marino, aumentando il rischio di ingestione di microplastiche.
Carne
Anche i prodotti a base di carne non sono esenti da contaminazione, sebbene in misura inferiore rispetto al pesce. L’acqua utilizzata negli allevamenti e le coltivazioni su terreni contaminati sono le principali fonti di microplastiche. I cibi a base di carne più contaminati includono:
- Nugget di pollo: tra 62 e 78 microplastiche per porzione.
- Controfiletto di manzo: tra 25 e 38 microplastiche.
- Lombata di maiale: tra 2 e 4 microplastiche.
- Petto di pollo: tra 2 e 3 microplastiche.
Alimenti proteici a base vegetale
Con il crescente interesse per le diete vegetariane e vegane, i ricercatori hanno anche esaminato gli alimenti proteici a base vegetale. Tra i più contaminati troviamo:
- Nugget vegetali: tra 73 e 90 microplastiche per porzione.
- Bastoncini vegetali: tra 46 e 59 microplastiche.
- Carne vegetale: tra 10 e 11 microplastiche.
- Preparati a base di tofu: tra 3 e 7 microplastiche.
La questione delle microplastiche non riguarda solo l’ambiente, ma ha anche implicazioni significative per la salute umana. Anche se gli effetti a lungo termine dell’ingestione di microplastiche non sono ancora completamente compresi, ci sono preoccupazioni crescenti riguardo alla possibilità che questi frammenti possano agire come interferenti endocrini, influenzando il sistema ormonale e contribuendo a una serie di disturbi.